Saggezza dell’abete e purezza della pioggia

La pioggia toccava i rami dell’abete con gocce morbide, lasciandoli perle trasparenti.
L’abete rimaneva immobile, accogliendo questo dono, e sembrava che tra loro esistesse un dialogo antico e silenzioso.
Uno, incarnazione della saggezza secolare; l’altro, simbolo di rinnovamento, leggerezza, purezza.

Osservavo questa interazione e sentivo aprirsi in me la comprensione dell’importanza dei processi della vita. Le radici dell’abete affondano in profondità nella terra, custodiscono la memoria di molti anni, assorbendo linfa che dona forza. La pioggia, invece, è qualcosa di passeggero, effimero. Scompare evaporando o penetrando nel suolo, ma senza di essa anche l’albero più possente col tempo si indebolirebbe.

Quanto spesso pensiamo che la forza sia immobilità e la saggezza qualcosa di cristallizzato nel tempo? Ma l’abete insegna il contrario: la sua stabilità nasce dalla capacità di accogliere. Non si oppone alla pioggia, non teme la sua fragile trasparenza. Sa che senza di essa le sue radici non si nutrirebbero, i suoi aghi non resterebbero freschi e l’aria attorno non si purificherebbe dalla pesantezza.

La saggezza ha bisogno di uno sguardo nuovo, così come la terra ha bisogno dell’umidità della pioggia. Il peso dell’esperienza accumulata deve incontrarsi con la leggerezza del rinnovamento, per non trasformarsi in un’arida e inflessibile durezza. Come una goccia che cade su un ramo non lo distrugge, ma lo rende più luminoso, così anche le nuove idee, giungendo a noi, non cancellano il passato, ma lo rinfrescano, aiutandoci a proseguire nel cammino.

Osservavo quell’abete, ascoltavo il sussurro della pioggia e sentivo: la vita non è una lotta tra il vecchio e il nuovo, ma la loro armonia, il loro intrecciarsi continuo. E in questa danza di forza e purezza, di profondità e trasparenza, nasce la vera completezza.

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